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PREMESSA

     Questo mio libro non vuole essere una cronaca, e nemmeno aspira al riverito nome di storia, e ciò risulta anche dal titolo che gli ho dato.
     In esso espongo tuttavia cronologicamente i fatti, e qua e là li commento, senza mai separare la narrazione dalle considerazioni, né i fattori bellici propriamente tecnici da quelli umani.
     Ho lasciato anzi che tali fattori liberamente si intrecciassero nella esposizione, come avviene nella realtà.
     Di guisa che queste pagine han finito per assumere il carattere di una personale rievocazione, nella quale però tutto quanto riguarda gli avvenimenti è documentato ed inoppugnabile.
     Ho così messo talune cose a posto, come lo imponevano ormai, dopo vent'anni, il rispetto della verità e la riconoscenza verso i miei guerrieri: che furono gli Arditi dei Reparti d'Assalto da me condotti al fuoco, sotto le insegne della 1a Divisione, nel Giugno e nell'Ottobre 1918.
     Gli Arditi, guerrieri d'eccezione, sorti dal travaglio della guerra, e dall'impeto col quale l'Italia nuova stava entrando, con tutte le vele, nella Storia, suscitarono grandi amori e prevenzioni profonde.
     Essi di ciò si sono sempre onorati.
     Ma non si sono rassegnati mai al destino di venir ricevuti a braccia aperte ovunque accorressero, quale rinforzo o come avanguardia di tempratissimo acciaio, per poi essere regolarmente obliati non appena la necessità o il pericolo fossero scomparsi.
     Destino, a dir vero, comune a tutti i corpi speciali.
     L'Alpino si confortava dicendo: «Canta che ti passa».
     L'Ardito cantava «Giovinezza», e gridava «me ne frego»; ma in verità era tutt'altro che indifferente, perché egli è meno filosofo dell'Alpino, sia a causa del proprio temperamento, sia perché, sapendo di non poter avere che una storia breve, ne è sempre stato gelosissimo.
     E per questo soprattutto ho scritto.


                                                                               Generale OTTAVIO ZOPPI


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