pianura; e scopre in fondo al mare che sfolgora, sotto il sole, come una lama lucente. Più vicino, in basso, biancheggia il largo greto del Piave: fra i ciottoli candidi ne vedi serpeggiare le azzurre vene e luccicar l’onda fremente. E tu contempli estasiato il vaghissimo spettacolo che s’offre alla tua vista e un senso di mistica pace s’effonde nell’animo tuo. Ma poichè qui non ti condusse sola ricerca di diporto - ma altresì, e soprattutto, il nobile desiderio di mirare da quella storica altura quello che fu il teatro dell’immane lotta, l’ara del sacrifizio, l’agone della fulgida vittoria - tu senti, in questo momento, che talune corde del tuo cuore, le più delicate, le più profonde, sono particolarmente disposte a vibrare.
E tu sosti; e riandando i ricordi di non lontani ed epici giorni, rievochi. E se fosti combattente, rammenti. E se allorquando si decidevano qui i destini d’Italia eri fanciullo, ti sforzi di immaginare, ripensando a quanto hai letto e a quanto ti hanno narrato, quel che fu questo campo di battaglia, questa terra di cocente passione e di lotta furibonda, durante un anno intero.
Sorgono, rari e nebulosi dapprima, poi più fitti e decisi, innumeri infine, i fantasmi del passato. Le pendici del Montello si popolano, si popola tutto il vasto piano; le spianate trincee si riaprono, come piaghe sanguinanti nella terra tormentata; risorgono dinanzi ad esse le siepi ferrigne, irte d’insidia e di morte. E lentamente, par che dalla terra stessa stessa sorga un confuso clamore, e che un rombo cupo, continuo e crescente a poco a poco lo domini: e che lampi accecanti corruschino il cielo, e bagliori sinistri s’accendano lungo le sponde contese, fin laggiù, fino all’orizzonte lontano. Sono i giorni tremendi ed eroici della battaglia del Piave: il nemico ha passato il fiume di fronte al Montello; le prime trincee, una parte dell’altura sono cadute in suo possesso; anche sul Basso Piave esso è riuscito a forzare la difesa: in tre o quattro punti ha posto il piede sulla riva destra. Ma il terreno viene conteso all’avversario a palmo a palmo: la resistanza dei nostri fanti è degna d’un’epopea. I veterani del Carso, dell’Isonzo e del Trentino si battono accanto agli adolescenti del 1900, che dalle braccia materne passano a quelle della morte e della gloria. E i cadaveri s’ammucchiano confusi e avvinti nell’ultima, convulsa stretta; e dietro i cadaveri risorgono i superstiti per lottare e resistere ancora:
O il Piave, o tutti accoppati !
Le nostre artiglierie, e i velivoli dal cielo, fulminano incessantemente il nemico. Simili a crateri di fantastici vulcani eruttanti terra, pietre, rottami d’ogni specie e membra umane, i proiettili di grosso calibro sconvolgono argini e trincee, piombano in mezzo alle colonne avanzanti in masse serrate, seminano dovunque la distruzione e la morte.
Il nemico esita, tentenna, si arresta. E la riscossa piomba fulminea. Brigate e Brigate - masse di seimila uomini e di cento mitragliatrici ciascuna - sono lanciate a due, a quattro, a sei alla volta nei punti più sensibili dell’immane fornace. Savoia ! Savoia ! Il fatidico grido si accende su tutta la linea: i Reparti d’assalto, pugnale fra i denti, bombe alla mano, si avventano primi: ma tutta la Fanteria è un Reparto d’assalto, tutti i Fanti sono Arditi ! Avanti ! Avanti ! Il nemico vacilla, piega retrocede. Si vince ! Si vince ! Gli Austriaci s’affollano ai ponti, battuti, incalzati, attanagliati, ripassano il Piave, seminano le sponde di cadaveri; e cadaveri trascina a centinaia l’onda del fiume sacro:
<< E il Piave comandò:
- Indietro va, straniero ! >>.
La battaglia è vinta. Una delle più grandi battaglie della storia, la battaglia decisiva per le armi alleate è vinta !
L’Impero colossale, riunito con tutte le sue forze e tutte le sue energie contro un esercito da soli otto mesi risollevatosi da un grande rovescio, è sconfitto da questo esercito: esso è ormai perduto per la causa delle Potenze centrali: l’aquila bicipite ha il rostro e gli artigli infranti.
E pochi mesi dopo è da questo colle donde tu segui, o Visitatore, le epiche immagini evocate dalla tua fantasia, è da questo colle che parte la riscossa; e tutta la fronte sorge, sussulta, ribolle, dilaga oltre il fiume conteso; rovescia, travolge ogni ostacolo, vince ogni resistenza del nemico e ne tramuta la ritirata in disordinata rotta.
La Patria è riconquistata; e le bandiere e i labari vittoriosi ne ripercorrono le vie redente, e procedono nella marcia trionfale per non fermarsi che in vetta alle Alpi, oltre il Brennero, a Trieste, a Fiume.
Il frastuono della lotta si allontana lentamente, si perde all’orizzonte; e quasi per incanto impallidiscono, scompaiono i fantasmi da te evocati, o Visitatore, e tornano a regnare il silenzio e la pace sui monti e nel piano. Non più fragor d’armi, nè visioni di lotta e di gloria, ma fervore di vita e di lavoro, pace d’anime e di cose.
Tuttavia il tuo pellegrinaggio non è stato vano. Tu hai mirato i luoghi della nostra gloria e della nostra vittoria. Hai letto o leggerai quanto fecero i tuoi fratelli. Hai visitato o visiterai fra breve il teatro dei loro eroismi e del loro sacrifizio: sia questo libro il tuo breviario d’Italiano e di patriota. In fondo, vedrai, son riportati nomi d’eroi e gesta che sembrano leggenda: meditale profondamente e fanne alimento del tuo spirito, e tempra con esse il tuo cuore !
Un giorno - lontano? domani? chi sa ! - sarai forse chiamato ad emularle; e il nostro popolo, quando l’ora sarà suonata, scriverà una pagina ancor più fulgida della sua storia. Ogni giorno che passa, il suo vigore materiale e morale si ritempra; ed aumenta la coscienza del proprio valore. Eravamo mal conosciuti, mal preparati, mal governati: eppure vincemmo. Ma domani, se suonerà l’ora, dillo tu, o Visitatore, quali saranno i destini d’Italia!