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La storia deve necessariamente trascurare l’episodio, quasi sempre malsicuro. Soprattutto, essa ha l’occhio ai grandi protagonisti: sovrani, capi di governo, condottieri d’eserciti e d’armate, ministri, ambasciatori…e non si cura degli umili, degli oscuri, degli ignoti, sperduti nelle collettività anonime considerate soltanto nella loro complessità attiva.
Le pagine che seguono non hanno rigorosità storica, né trattano degli artefici appariscenti delle vicende mondiali, sono l’aneddoto, il ricordo personale sopravvissuto nel tempo, l’espressione di sentimenti provati, la rievocazione di vicissitudini sofferte.
Voglia, il lettore benevolo, gradire pur queste pagine così come sono. Prim’ancora della storia, s’è formata la leggenda della Grande Guerra. Ogni combattente è stato l’artefice inconscio, il rapsodo senza metro, dell’immensa epopea che nessuno raccoglierà mai, che i lontani sapranno solo in parte per via della tradizione orale.
Patrimonio inestimabile messo insieme dai Grigioverdi del Grappa, del Piave, del Montello, in lunghi mesi d’eroismi oscuri, di sacrifici sublimi, di patimenti inenarrabili, la leggenda della Grande Guerra – mentre la storia rimarrà – è destinata a perdersi ineluttabilmente, in volgere di decenni e di secoli, nel seguirsi delle generazioni sempre più lontane dagli avvenimenti vissuti dai loro padri.
Non dispiaccia se, ho tentato di salvare dalla futura dispersione qualche pagina almeno d’un libro glorioso che non sarà mai scritto, del quale perverrà ai figli d’un’Italia la cui favella suonerà diversa da quella di Dante solo il titolo luminoso: Vittorio Veneto.
Sosti la tua voce
sulle pietraie,
sui campi sconvolti della gloria,
vicino ad ogni croce
e
dove non v’è croce
agli insepolti.
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