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Il mio compagno è morto, è sepolto, è disciolto. Io sono vivo, ma esattamente collocato nel mio buio com’egli nel suo. Respiro ma sento che il mio respiro passa per le labbra violacee com’erano le sue nelle prime ore, dischiude una bocca divenuta quasi insensibile, indurita dal sapore metallico dell’iodio che circola nel mio corpo.Gli somiglio anche nella ferita: rivedo la falda di cotone che copriva la sua orbita destra spezzata dall’urto. Così la sua morte e la mia vita sono una medesima cosa.
Notturno Gabriele D’Annunzio
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