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------------- Aggiornamento -------------

Siamo felici di potervi comunicare che l’aggiornamento del sito è iniziato e la prima fase è completata, ma siamo ancora lontani dalla fine dei lavori e dalla cifra necessaria.

Ringraziamo tutti coloro che ci hanno aiutato fin ora e speriamo molti altri si uniscano a noi per salvare Fronte del Piave.




Maggiori informazioni e aggiornamenti qui.

 
     
 

NOVEMBRE 1917

2 NOVEMBRE. – Con molta difficoltà sono arrivato a Motta. Partii da Venezia col dubbio di non potervi giungere per la via di Treviso, ma di dover far ritorno a Mestre per prendere la linea di Portogruaro sino ad un certo punto, e poi fare una lunga strada a piedi, e arrivato che fossi, trovare tutti dispersi, tante erano le brutte nuove che si divulgavano a Venezia. Sono venuto per aiuto e conforto del mio vecchio padre, solo in casa con due mie cognate e una frotta di bambini: due miei fratelli sono sotto le armi, ed un terzo è sotto osservazione medica militare, né si sa se farà ritorno. Se la mia presenza potrà giovare qualche cosa anche e quest’insigne Santuario [La Basilica di S. Maria dei Miracoli, monumento nazionale, opera del Sansovino e del suo collaboratore P.F. Zorzi, francescano.], cui il mio cuore è tanto legato, me felice.
Alla stazione di Treviso – dove nessuno sapeva dire se il treno per Motta partisse o quando – che miserando spettacolo di profughi friulani da dovere con difficoltà trattenere le lacrime!... Uomini pochi, donne molte, fanciulli e bambini più ancora; stanchi, pallidi, smunti, smarriti: altri sonnecchiavano seduti sui loro fardelli, pochi parlavano, nessuno rideva. Non ebbi l’animo di rivolgere a nessuno una domanda, sì triste era lo spettacolo. Tanto è stata dolorosa l’impressione riportata, che dissi tra me e me: piuttosto morire sotto le macerie della propria casa, che esporsi a tanta tribolazione.
Ero molto stanco: non ne potevo più: provavo grande bisogno di prendere qualche cosa, almeno un caffé: ma tutto era chiuso. Non ostante il pericolo di perdere il treno, che poteva partire dopo pochi minuti come dopo qualche ora, entro in città. Molti soldati, molta gente spaurita che si aggira per le vie senza un perché, tutti pensosi e silenziosi come in una processione funeraria: tutto chiuso, case, botteghe, trattorie…Finalmente vedo da lontano della gente che si affolla e s’affacenda davanti ad una finestra: - Che cos’è laggiù ? – Si vende caffè.
* Una precipitosa ritirata del nostro esercito – che per valore aveva meritatamente riscosso l’ammirazione del mondo intero – annullava in pochi giorni la guerra di due anni, e dava la patria in braccio alla desolazione, abbandonando questi fiorenti e ricchi paesi in preda al nemico. La defezione, dicono, di reparti della seconda Armata ! è stata la causa di tanto disastro: ritirata, che per il modo, la precipitosità, per le perdite in uomini e in materiale, non ha riscontro, credo, nella storia del mondo. Tutto considerato, tutto calcolato e ponderato: Digitus Dei est hic.
Quando il nostro Ministro degli Esteri proclamava in Parlamento ! (in risposta ! alla Nota diplomatica del S. Padre) “ l’inviolabilità” delle nostre frontiere, segnava l’ora e il momento - ironia delle cose – in cui il nemico, sfondate le nostre linee, varcava baldanzoso i vecchi confini della patria: Digitus Dei est hic, tanto evidente quanto vero è il fatto doloroso !
Si credeva che Motta fosse già evacuata sotto la terribile pressione tedesca ( Dico tedesca per acconsentire al linguaggio popolare. Per noi tutto ciò che è oltre le Alpi è “todesco”.) : l’evacuazione non è imposta, anzi dalle autorità militari neppur consigliata, ma già delle famiglie ricche e benestanti della città, altre sono fuggite ed altre vi si preparano.

3 e 6 NOVEMBRE. - I nostri si sono messi in capo di sbarrare il corso del Monticano per allagare il paese e le strade. Il lavoro – là dove il fiume lascia il corso vecchio per prendere il nuovo in direzione di Albano – tre volte cominciato, tre volte fu dall’acqua demolito.
A dire il vero eravamo in una certa apprensione, ben sapendo che il Genio militare Italiano, quando vuole, giunge a fare prodigi: ma recatomi sul luogo, mi convinsi facilmente che era tempo e opera perduta. Non è con sacchi di terra disposti a muraglia che si ferma il corso di un fiume, colla pretesa di elevare le acque a cinque e forse più metri per farle traboccare dagli argini. Se il lavoro fosse stato intrapreso qualche metro più in basso facendo riprendere il vecchio letto dalle acque crescenti, forse…avrebbe approdato a qualche cosa.
* Precipitosa, disastrosa, desolante è la ritirata di cui siamo spettatori, e per giunta intralciata dai borghesi, i quali fuggono disordinatamente verso la Piave, che purtroppo ha un sol ponte, abbinato a quello della strada ferrata. Il fischio dell’ultima nostra locomotiva in partenza si è udito ieri (cinque).
Solo chi vede può farsi un’idea quanto desolante sia lo spettacolo d’un popolo che cerca ansiosamente ogni mezzo per fuggire impazzito davanti a un nemico incalzante e che ben sa essere crudele. Mi sono recato spesso in paese: è uno smarrimento, è la confusione delle menti: per farsene un’idea, nessuno, dirò così, conosce più nessuno. Un po’ più di calma si conserva dalla popolazione rurale, forse perché pensa di aver meno da perdere che i ricchi. Del resto dietro lo spettacolo veduto a Treviso e dietro quanto si vede accadere lungo questa strada provinciale, mi persuado sempre più che chi non dispone di capitali e di mezzi, è meglio si affidi alla Provvidenza attendendo gli eventi nella propria casa, che esporsi a morire stritolato tra i carri bellici che s’incalzano, o di freddo e di stenti lungo la via.
* Si vedono grandi incendii e grandi fumate verso il Tagliamento: brutti indizi; sono gli ultimi atti dello sgombro delle nostre truppe. Man mano che le pattuglie nemiche avanzano, i nostri si ritirano facendo una resistenza atta solo a rallentarne la corsa. Fortuna per noi che la Livenza non è fortificata: vi restano solo poche truppe di retroguardia (una Divisione, dicono) a servire di copertura.
* E’ uscito in questi giorni un bando del Comando Supremo che chiama “per lavori” tutti i maschi dagli anni 15 ai 60 esistenti fra il Tagliamento e la Piave. Indizio anche questo che la ritirata almeno sino alla Piave è cortissima.
Mi sono incontrato col maresciallo dei Carabinieri che si accingeva a partire co’ suoi per cedere il posto ai Carabinieri da campo i quali lo terranno forse per poche ore, certo per pochi giorni. – Se si potesse ridire la desolante impressione di questi preparativi !... 
- Eglino partono, dissi, e ci abbandonano alla discrezione di qualunque furfante !...
- Un sospiro è stata la risposta: - E lei resta ? Mi chiese.
- Si, risposi.
- Fa bene, che potrà essere di qualche conforto a queste disgraziate popolazioni: Giorni molto tristi sono imminenti…
* Ha fatto ritorno, inaspettato, riformato definitivamente, mio fratello Luigi. Ringraziato siane il Signore. Da Padova a Treviso, in treno, impiegando la bellezza di dodici ore: da Treviso a Motta, a piedi, con una lunga sosta a mezza via attendendo il momento propizio di varcare il ponte sulla Piave. Il movimento tumultuario e la ressa di chi fugge, è qualche cosa d’indescrivibile, mi disse.
* Ho potuto finalmente persuadere mio fratello Sante – soldato di sanità, in licenza – che non c’era più tempo da perdere, e che bisognava partire. Così pure mio fratello Luigi volle che subito, la sera stessa, partisse suo figlio maggiore di anni 17. Altrettanto fece mio cugino A. Giganotto con un suo figlio. Il Signore li benedica: il loro Angelo buono li accompagni e ce li restituisca incolumi. (Mio fratello Sante è morto presso Padova nel Settembre 1918.)

6 NOVEMBRE. - Le mitragliatrici austriache dalla riva sinistra della Livenza già fanno sentire il loro rauco crepitio. I velivoli nemici non cessano di esplorare il paese e di sondare col lancio di bombe i punti della campagna che reputano sospetti. Che senso di avvilimento e di amaro dispetto si prova nel vederli volteggiare sul nostro capo, baldanzosi, provocanti, indisturbati, padroni della nostra vita. Ma non minor dispetto ci ha recato uno dei nostri, che presso il tramonto volava alto alto, e credeva di esilararci con delle capriole (circolo della morte).
In sulla sera giungono anche i proiettili dell’artiglieria leggera nemica.
* In questi giorni anche dietro benevolo consiglio e aiuto dell’Autorità militare, sono stati mandati via molti degli oggetti della chiesa. Gran parte dei preziosi della Madonna sono stati affidati al Cap. P. A. Gemelli da consegnarsi al nostro P. Guardiano di Padova, il quale, al caso li avrebbe dovuti inoltrare a Roma. Molta altra roba, apparati sacri e oggetti di valore, è stata incassata, e dietro buona scorta mandata egualmente a Padovacolla medesima consegna.
* I capi d’arte, per ordine del Comando Supremo furono portati via e, credo, spediti a Firenze, dal Sac. Prof. C. Costantini, e cioè: Dal convento, un crocifisso dipinto su legno, prezioso per antichità e arte, dalla Sagrestia, una graziosissima Madonna col bambino, dalla Chiesa, e proprio all’ultima ora, il preziosissimo quadro dipinto su legno (attribuito al Cima di Conegliano), dell’altare di S. Giuseppe, rappresentante la Natività. Gli altri quadri della Chiesa (tutti eccetto due, di notevole pregio) ed altri in convento rimangono trascurati, perché, disse il menzionato Prof. Costantini, troppa è la roba da mettere in salvo, e dobbiamo appigliarci solo ai capi migliori. Dal Duomo fu tolto il quadro del primo altare a destra entrando.
Il Municipio procurò di mettere in salvo l’archivio recente. L’antico – ricco di documenti d’interesse storico – lo celò nelle soffitte. Le banche si sono date premura di vuotare le casse e di lasciarle aperte. Il Notaio Signor Lippi portò seco (che custodì fedelmente) i documenti della sua professione.

6 – 7 NOVEMBRE. – I nostri man mano che passano e sgombrano, caricano su autocarri e asportano quanto più possono e quanto di meglio trovano nelle botteghe, nei magazzini dei grandi commercianti fuggiti e nelle case private abbandonate. Ciò che è loro inutile o che non possono portar seco, lo gettano sulle strade invitando il popolo rimasto ad approfittarne, - “ chè domani, dicono, verranno i tedeschi e si porteranno via tutto” – parte distruggono o gettano nel fiume.
Duemila quintali di frumento del Governo – offerto dapprima a chi lo volesse – furono gettati nella Livenza: la stessa sorte toccò a molte migliaia di uova. L’ordine già dato di condor via tutto il bestiame, lasciandone un capo solo per stalla, e di distruggere col fuoco tutti i fienili (!) , o non si volle eseguirlo o non se n’ebbe il tempo. I nostri belli e numerosi ponti si demoliscono colla dinamite: enormi scoppii che fanno traballare il suolo e l’abitato: sono scoppii che schiantano l’anima: nessuno potrà mai ridirne la lugubre impressione, che non si dimenticherà mai per quanto lunga possa essere la vita: sono rintocchi d’un’agonia.

7 – 8 NOVEMBRE. - E’ un crepitio ininterrotto di mitragliatrici e di fucileria: ma il tiro è sì alto che non isfiora nemmeno le cime degli olmi: pare un tiro a bersaglio. L’artiglieria leggera nostra – poca davvero – che i giorni scorsi s’era fatta poco sentire, oggi (sette) è più attiva. E’ un sibilo continuo di “srapnels,” che danzando sopra la nostra testa si scambiano da una parte e dall’altra. Verso le sei della sera uno di essi esplose sopra il convento: le pallottole si ripercossero con violenza contro la faccia meridionale del campanile, ricadendo presso la finestra della mia stanza. Proveniva dai nostri, credo. Perché questo tiro ? – il nemico non aveva ancora varcata la Livenza. I carabinieri sono ancora sul luogo. E’ un triste ricordo. Giudicai prudente andare a terminare la recita dell’ufficio in una stanza sopra il chiostro: era invece una vera imprudenza. Lì per lì non mi cadde in mente di rendermi conto della esatta provenienza di quel proiettile: non pensavo mai che i nostri avrebbero tirato sopra il convento tanto discosto dal fiume, e che mi sarei trovato più sicuro colla faccia al nemico.
Approfittando d’un momento di calma relativa, faccio una scappata in casa per suggerire qualche consiglio di prudenza. Al ritorno i momenti di tregua sono troppo brevi: gli scoppii vicini degli “srapnels” troppo frequenti. E’ un’impresa far ritorno in convento; ma non c’è da discutere: più tardi sarà peggio; dunque cappuccio in testa, e via. Ridicola anche questa, se vuolsi, ma in mancanza di meglio tutto fa, direbbe un tale.
Questa sera (7) gli ultimi nostri carabinieri (da campo) evacuano il paese. Ormai possiamo considerarci in mano dei nemici.
L’Ospedale Civile è stato sgombrato per tempo dai malati. La clinica e quanto vi aveva di meglio, è stato messo in salvo. Alcune vecchie ricoverate e impotenti a muoversi, sono state abbandonate.
Ma fortuna per loro che un religioso, il Cappellano, sia andato a farvi un sopraluogo ! Se il convento non provvedesse, quelle povere disgraziate e ignorate sarebbero morte di fame.
Si va a cena a suon di cannonate alquanto vivace. E’ prudente evitare l’illuminazione delle finestre : si cena come si può in cucina. L’ora è triste, pure non manca la parte comica. Chi, entra chi esce: chi va e chi viene preoccupato, cominciando senza terminarli discorsi inconcludenti: quasi nessuno mangia: mangio io per tutti: i fagioli di Feltre mi piacciono molto. Il gran pensiero è dove passare la notte. Paura molta e pericolo poco, a mio parere, purchè si abbia prudenza. Ad ogni modo chi giudica meglio portare il materasso in campanile, chi al piano di sotto, chi in coro, chi altrove, chi nel…sottoscala, tra i quali due vecchi oltre settuagenari, che per poco non ci muoiono di paura: - Muri e contromuri poderosi, vÔlto reale sormontato da scale in pietra viva: oh ! qui si stiamo sicuri e…caldi: hic manebimus optime. – Dal canto mio, in mezzo ad un affaccendarsi tanto serio e silenzioso, che qualcuno avrebbe voluto studiarsi, non so perché, di tener segreto, non sapevo se ridere o che fare; per un momento pensavo se non fosse stato prudente deporre il materasso sul pavimento della stanza, ma visto che il davanzale delle finestre superava l’altezza del letto, giudicai bene non iscomodarmi gran fatto: mi coricai e dormii.
Verso le due e mezzo del mattino dell’ 8 due enormi scoppii fanno traballare l’abitato. Come poi si seppe, era il ponte di Redigole che schiantava. Ripresi facilmente sonno: ma dopo circa mezz’ora cominciò un nutritissimo fuoco di fucileria dal piazzale della chiesa, dal convento e da tutti i dintorni. Voltarsi dall’altra parte una seconda volta, ormai era impossibile: con rammarico mi risolvetti alla fine a lasciare il letto; e non sapendo che fare, scesi cautamente in coro, dove al monotono crepitio dei fucili sonnacchiai alquanto sinchè si fece giorno.
Si credeva che fossero ancora i nostri a fare resistenza ( non si sapeva che il ponte di Redigole era già stato demolito) : erano invece i nemici, che varcata la Livenza dalla parte di Medusa, s’erano resi padroni del paese, e ne festeggiavano la facila conquista con una salve di due ore. Nel frattempo il convento fu invaso. Tutte le case vicine furono egualmente invase e perlustrate minuziosamente colla rivoltella in pugno e colla baionetta inastata. Lo spavento delle famiglie nel trovarsi all’improvviso tanti manigoldi in casa, delle intenzioni dei quali non potevano lì per lì rendersi conto, ma di cui se n’avvidero ben tosto, è stato terrorizzante. Nella sua semplicità questo buon popolo pensava che come i nostri si son ritirati senza dar noia a nessuno, altrettanto avrebbero fatto i nemici nell’entrare. In fondo non è che l’idea spontanea di principii che con tanto orgoglio s’insegnano nelle scuole come una conquista della civiltà, ma che poi in pratica non si osservano. Il torto del popolo è di aver creduto che s’insegnassero sul serio.

8 NOVEMBRE. – Ci addormentammo italiani e ci svegliammo…austriaci. Non la nostra sorpresa, ma il nostro dolore lo pensi chi sente qualche cosa, chi intende qualche cosa. Mai il sole che spuntava fra le nubi rosseggianti ci parve spargere luce sì languida, mai ci parve sì triste, sì pallido. Sono impressioni profonde che non si dimenticheranno mai.
*Convento invaso, porte sfondate, mobili fracassati e mezzo bruciacchiati, fuoco in ogni angolo: quel poco di viveri che avevamo, depredato. Un nemico affamato, violento, spirante odio, è padrone della nostra casa, del nostro paese. RAPINA è la sua bandiera. Chi osi una semplice opposizione, si vede puntare la pistola al petto: Questo accadde a noi proprio stamane, e questo accadde a tutti.
Per quanto sfavorevole possa essere l’opinione che uno ha di questi invasori, nessuno si sarebbe immaginato neppure come possibile il contegno di queste truppe che pure appartengono ad una potenza civile.
Ad alcuni ufficiali feci garbatamente lagnanza che i loro soldati si lasciano andare alla rapina e alla violenza. – “Est bellum !..” mi rispose un primo tenente che si qualificò per professore di latino a Vienna. E accennando alla devastazione che compievano in convento, soggiunse sardonicamente: “Milites vastarunt monasterium !” e tra un sorso di caffé e l’altro: “ Furor theutonicus !...” – Sulla sera parte di questa masnada se ne va prendendo la via di Malintrada. 
*La notte scorsa tre proiettili da fucile penetrarono nella stanza di fr. Carlo Vièceli. Uno colpì la lampada elettrica sopra il letto. In convento e qui attorno sono i soli che colpirono basso: cosa dovuta all’imprudenza di aver acceso uno zolfanello colle persiane semiaperte. Poveretto ! aveva un urgente bisogno, che del resto poteva comodamente soddisfare senza lume…

9 NOVEMBRE. - Le truppe che stanzionano in convento, stamane sono partite tutte: ma in che stato miserando di desolazione e di sudiciume lo hanno lasciato ! Anche quel pò di grano che avevamo riposto è stato lordato.
* I due nostri grossi maiali, forse perché ebbero la prudenza di non farsi scoprire, sono salvi, ma quelli del servo A. Zaina, rimasero vittime della voracità ostrogota. La mattina stessa dell’invasione, prima ancora che ci avvedessimo di avere il nemico in casa, furono macellati e divorati.

9 – 10 NOVEMBRE. – Dei nostri belli e grandi ponti, due soli resistettero alle mine: quello di Albano, appena leso, e quello della strada ferrata a Borgo S. Rocco, smontato soltanto dai dadi alla testata di levante. In sostituzione provvisoria di quelli demoliti, furono subito, la mattina stessa dell’invasione, costruite delle solide passarelle tra riva e riva, e già vi transitano comodamente truppe e carri. Fortuna per gl’invasori che questo è un autunno di siccità, per cui le acque si mantengono basse.
Passa anche la cavalleria, che per grazia di Dio non fa sosta. Questi primi invasori sono un miscuglio di molte nazionalità, ma in maggioranza Slavi: a Villanova, a Lorenzaga e a Oderzo, ungheresi. Le truppe d’assalto appartengono al Regg. 21° della 44a Divisione.
Quasi tutti gli ufficiali recano appeso al petto un quadro con entrovi la carta geografica del luogo, ricca delle più minute indicazioni. Agli incroci delle strade non esitano, né hanno bisogno di prendere informazioni. Per i soldati che vanno alla spicciolata, il Comando provvede con apposite tabelle che fa appendere per ogni dove. Il transito poi attraverso il paese per i carri, è regolato in modo che chi va non s’incontri con chi viene.
* La mattina del 9, giunge ancora uno “srapnel” dei nostri ! che scoppia sopra il paese.
* Verso la Piave, nella zona S. Donà – Ponte di Piave, è un cannoneggiamento ininterrotto.
* Approfittando che il convento è quasi libero dagli invasori, ritiriamo gli arredi dalle stanze. Biancheria, coperte, guanciali vanno trattati con molta precauzione e radunati in luogo appartato.
Quel po’ di viveri che c’è rimasto procuriamo di nascondere alla meglio frettolosamente e con cautela, distribuendolo nelle stanze abitate colla speranza che almeno queste non vengano depredate.
Eravamo intenti ad insaccare nelle federe da guanciali il grano, quando attratto dal rumore sopraggiunse un soldato, il quale ci chiese con gesti se era cosa buona da mangiare! – Nicht, nicht, rispondiamo con gesti tanto da farci capire o bene o male. Cac…Cac…a.
Senza tener conto della penosissima impressione, faccio una visita in città, per constare in persona l’abominazione della desolazione ( Dan., cap. 9.,) che s’è insediata in casa nostra.
Faccie orrende e non meno orribili favelle, contegno baldanzoso e quasi provocante. Il paese è vuoto de’ suoi abitatori: palazzi abbandonati, botteghe depredate e convertite in stalle, porte sfondate, vetri infranti, finestre spalancate, mobili fracassati e gettati nei cortili e sulle strade: nelle vie, che erano uno specchio di nettezza, fango e sudiciume: il cuore si gonfia, e l’anima è un mare in tempesta.
Un grande sforzo ci vuole a mantenere l’equilibrio.

10 – 11 NOVEMBRE. – Il saccheggio nel vero senso della parola, si esercita liberamente. Tutti questi invasori, chi più può più porta via. Le botteghe e i depositi dei grandi negozianti e i migliori palazzi sono piantonati da guardie armate, affinché il popolo non abbia da approfittare di qualche cosa. La rapacità e l’ingordigia, dirò così, insensata, è qualche cosa d’indescrivibile, di frenetico. I soldati abbrancano qualunque cosa che cada loro fra le mani: libri, carte, specchi, oggettini di lusso, ninnoli, ecc., tutta roba a loro inutile, che poi gettano nei cortili, nelle strade, nei fossi.
Sorte miseranda per mano di questi predoni è toccata all’archivio antico del municipio, ricco di documenti di primaria importanza.
Imbucato dai nostri nelle soffitte, fu come roba inutile gettato sulla piazza, e quindi nella Livenza. (Si seppe dopo la liberazione che l’archivio recente è stato abbandonato per via a Fagarè, dove andò perduto.)
Le Autorità grandi e piccole, cioè chi può disporre di mezzi, caricano carri e carri, specialmente di stoffe e di tessuti, che mandano nelle retrovie.
La quantità di roba, specialmente chincaglierie, utensili, mobilia, che si fracassa, che si calpesta, che si getta via, è enorme.
Tutto questo ben di Dio che è stato disgraziatamente lasciato in loro potere, ad alcuni pare poco. Un ufficiale, quasi lagnandosi che il popolo rimasto abbia approfittato, specie in vestiario e viveri, invece di abbandonare tutto alla voracità loro, mi disse: “Vestri paupers sunt fures;” cui di rimando:”Et vestri milites sunt latrones.”
E’ il minimo che si poteva rispondere. Ma è purtroppo vero che alcuni approfittano da commettere delle solenni imprudenze, che forse a non lunga scadenza dovranno scontare. Non istarò a fare, come certi saputelli, casi di coscienza, che è fuori di tempo, formulando risoluzioni gravissime: faccio solo casi di prudenza. Per quanto si dica, taluni non la vogliono intendere che abbiamo un nemico inumano in casa, avido, rapace, mai sazio, e che nutre un odio feroce contro di noi, odio che invece di scemare, cresce davanti all’abbondanza che egli paragona con cruccio alla miseria del suo paese; nemico, che dai preludii, non ammansirà sintanto che ci reputi in condizioni migliori delle sue. Con ira, con compiacenza feroce, con cachinno crudele mi son sentito ripetere: Ben vi sta: la guerra l’avete voluta voi: noi vogliamo la pace !...
Per quanto taluni si vogliono persuadere (meglio, sperare) che tutto questo non sia che una inevitabile conseguenza della confusione dei primi giorni, io sono convinto che siamo solo agli inizia dolorum. Il tempo darà ragione a chi l’ha.

11 NOVEMBRE. – La notte scorsa nella località detta La Croce è stato ucciso un tale di nome Agostino Cester, che fece della resistenza per proteggere dalla rapina le besti della sua stalla. Ci lasciò la vita il poveretto, e non salvò il suo avere.
Rapine e violenze sono cose di tutte l’ore del giorno e della notte e che accadono in tutte le case. Il popolo ne è terrorizzato: meglio che li tratti questi barbari, peggiori diventano. Vanno e vengono a drappelli armati, salgono e scendono le scale, entrano ed escono da padroni dovunque. Il popolo fa qualche complimento offrendo un bicchier di vino per ammansarli, per non farsi portar via tutto in una volta, per non vedersi puntare l’arma al petto. Miserabile espediente! – Povere famiglie! Sotto l’incubo continuo che da un momento per l’altro un nuovo drappello armato – che potremo dire di malviventi – invada la casa. E’ una tortura che presso tutte le case dura da mattina a sera e da sera a mattina.
Alla città non si accede che muniti di biglietto: le vie sono custodite da guardie armate, affine d’impedire al popolo di avvicinarsi, e ciò non per garantire la sicurezza della proprietà privata, ma per meglio assicurarsi la depredazione di ciò che è rimasto. Sono carri e carri stracarichi che prendono del continuo la via dell’Austria. – A parte se si possa applicare il principio: la roba abbandonata è del primo occupante; il popolo dice: Piuttosto che cada in mano al nemico, è meglio che ce ne gioviamo noi. Ma gli invasori ragionano diversamente: Questo, dicono, è un paese di conquista: tutto ciò che vi esiste – non tanto di proprietà del Governo, ma anche presso i privati – è nostro: è bottino di guerra. Ragionamento dell’epoca dei barbari.
* Bellissime macchine abbandonate lungo la strada o rovesciate nei fossi: dovunque qui attorno carabine, fucili, baionette, munizioni, cappelli da carabinieri, elmetti, divise militari, scarpe, indumenti disseminati un po’ da per tutto: Questo è il doloroso spettacolo che ci ha lasciato il nostro esercito in ritirata…Estremamente doloroso, ma vero, e che a solo titolo di cronaca voglio notato.

12 NOVEMBRE. – Verso le otto del mattino mi mandano a chiamare da casa, che due soldati col carro bell’e pronto vogliono portarsi via due maiali da macello. Vengano a “requisire”, dicono, e presentano uno straccetto di carta da taccuino vantando il nome del “Commando”… Faccio le mie riserve e mando per un ufficiale. Passa un po’ di tempo in discussioni inutili, ma temendo forse i malviventi una mala parata o chi sa cosa, giudicano bene andarsene rebus infectis.
Un caso consimile accadde nel pomeriggio nella famiglia vicinante di P. Basso, con questo di più che i manigoldi puntarono l’arma contro la padrona di casa.
Un ufficiale cui feci delle rimostranze, credette recare un’attenuante col dirmi: “I soldati che scendono dal Carso sono bestie.” E soggiunse: “Noi del resto possiamo requisire quanto ci abbisogna, purchè lasciamo alle popolazioni i viveri per tre mesi. Chi ha, è meglio che offra spontaneamente al Comando, e avrà una buona carta.”
Questi fatti e simili e peggiori sono cose di tutte le ore e che avvengono in tutte le case. Le Autorità non se n’occupano: hanno lasciato, pare, mano libera al saccheggio, che meglio direbbesi brigantaggio. Sono truppe lasciate in balia di se stesse, cariche di armi, e del resto spoglie di tutto – anzi no: di armi e di certi animaletti…Non ho ancora visto un soldato Austriaco con un pezzo di pane, non ho visto ancora passare un solo carro della sussistenza. Fin ora ho visto carri carichi di munizioni in arrivo: e in partenza, carri molti, stracarichi dello spoglio del paese. Un esercito – che pare un po’ lontano da essere civile – in queste condizioni, che cosa può fare? – Vivere spogliando il paese invaso. E’ questa mi sembra la consegna che ha. I delitti che si commettono impunemente, credo che presso nessun esercito si tollererebbero. Tentata violenza alle donne, omicidio per chi tenta resistenza, rapina a mano armata, violazione di domicilio sono delitti che caratterizzano questi invasori.
E non sono, no, di pochi individui degenerati e violenti, che non mancano mai in nessun esercito, ma sono delitti collettivi e comuni pressoché a tutti. Cosa che non si spiega se non ammettendo che le popolazioni dell’Austria sono nella maggioranza tuttora barbare e che l’esercito è una collettività di delinquenti, o che dalle Autorità – e questa è forse la spiegazione vera – è stata loro data mano libera e assicurata l’impunità. I pochi gendarmi (per noi carabinieri) che sono in perlustrazione, sono – tanto per dire che sono qualche cosa – uno spauracchio per le passere, o piuttosto una tenue maschera di pudore, o meglio una tutela preventiva in beneficio dei soldati stessi, che certo non ne hanno bisogno.
* E’ stata chiesta e ottenuta una sentinella alla porta del convento: ma quei soldati che volessero entrare a farvi ciò che vogliono, anche da predoni, non hanno che a cacciarla via, anche con una pedata là “dove il sol tace” come hanno fatto a quella chiesta dall’Arciprete.

13 NOVEMBRE. – Tutta la notte e tutto il giorno un furibondo bombardamento al basso Piave.
* Stamane due ufficiali hanno visitato minutamente convento e chiesa in cerca di capi d’arte, e per trovare un luogo dove accumulare quelli che “ metteranno al sicuro dalle chiese e dai paesi che sono sotto il tiro delle artiglierie.”
- Vogliamo locali ben sicuri dalle bombe, sotterranei…
- Non ce ne sono.
- I conventi hanno sempre dei sotterranei segreti…
- Ma che sotterranei!...scavino un metro e troveranno acqua.
- E quelli là…(accennando ai purgatori della cisterna).
- Vadano a vedere.
In convento hanno esaminato con molta attenzione un quadro rappresentante la deposizione della croce – autore ignoto, e che volevano sapere a tutti i costi. – In chiesa fermarono alquanto l’attenzione sull’ancona dell’altare maggiore (insigne capolavoro del Sansovino), poi rizzando le spalle passarono oltre. Quando videro che il quadro della Natività (altare di S. Giuseppe) era stato asportato dal Governo italiano, rallentarono l’attenzione sugli altri, che pur sono di valore. Vollero vedere anche il ripostiglio retrostante l’altare maggiore, e udire l’organo. Grazia della Madonna che non scesero nella cappella dell’apparizione, né chiesero (gente che non era venuta per acquistare indulgenze) di vedere la sacra immagine che ha tutt’ora in capo la corona d’oro, dono votivo del paese. Vollero sapere se il Comando italiano ha rilasciato ricevuta del quadro asportato.
Nel pomeriggio fecero ritorno a rivedere e prendere nota delle opere d’arte. – Hanno cominciato già a portare qualche cosa (poca e di poco o nessun valore) rubacchiata qua e là, e tra l’altro due leoncini in cemento!!!, in posizione di guardia, lasciati intanto sul muricciuolo dell’atrio della chiesa, ai quali i fanciulli si diedero premura di fare il cappello con una zucca!...
* E’ un passaggio continuo di truppe senza capi e senza direzione, che si sparpagliano per ogni dove. Le violenze e le rapine continuano. Dopo mangiato, bevuto e anche dormito, giungono all’eccesso di infrangere e calpestare le stoviglie, di perpretare il furto, e di lordare di proposito il letto. Le brutalità e gli eccessi sono tali che nessuno se li sarebbe pensati neppure per ipotesi. Sono trascorsi appena sei giorni dal loro arrivo, e già hanno impoverito il paese che era ricco e nell’abbondanza.
* Per oltre la metà il convento è stato requisito ad uso ospedale.

14 NOVEMBRE. - Un’altra visita agli oggetti artistici della chiesa. – Visite e informazioni minute si ripetono nel pomeriggio.
* Alle dieci del mattino un’ordine di sgombrare la chiesa sino al presbiterio, perché doveva essere requisita ad uso ospedale. – Già tutte le case ed i palazzi qui vicini sono stati requisiti al medesimo scopo.
* E’ opinione comune tra gli invasori che breve sarà la loro sosta qui a Motta, e che si recheranno ben presto a svernare a Venezia, a Padova, e…più in là.
E’ ridicolo, ma insieme umiliante molto sentirsi chiedere da tanti idioti quanto disti ancora…Roma, dove si propongono d’andare, a seconda dell’umore, altri a fucilare il Re, altri ad impiccare il Papa.
Intanto si è qui stabilito un intero Corpo d’Armata (Corpo VII°) con tutte le sue dipendenze.
Il Comando superiore, che giudica prudente tenersi alquanto discosto dal centro, si è insediato nell’elegante Villa Ancillotto (Villanova). – Il Generale è il Sig. Saritza, ungherese, un gentiluomo in stridente contrasto col contegno delle truppe, il quale reputò dovere di recarsi pel primo a fare una visita di ufficio al Rev. Parroco Don Girolamo Pennati, visita che questi per legge di civiltà si affrettò a restituire.
La conversazione, com’è naturale, versò sui fatti del giorno.
- Rev., ha subito danni e maltrattamenti dalle prime truppe?
- Mi hanno assaltata la casa e mi hanno spogliato di tutto.
- Mi saprebbe dire quali siano stati quei soldati?
- Quei fioi de cani de ungheresi...
Risposta si franca e spontanea del Parroco che ignorava la nazionalità dell’interlocutore, provocò una compiacente risata, conclusiva della faccenda.
* Sul mezzogiorno una forte esplosione nel chiostro interno mi fece sussultare. Questa è, dissi tra me, una disgrazia accaduta ai due giovanetti che attendono allo sgombro e alla ripulitura del convento. Era invece un terzo fanciullo di nome Lelio Vizzotto, che trastullandosi con una bomba a mano, l’accese: ma il furbacchiolo, vedendo che gli fumava in mano, la gettò, correndo a rimpiattarsi dietro la cisterna. Fortunatamente non avvennero disgrazie, all’infuori di una graffiatura di scheggia riportata da fr. Carlo Vièceli alla base del naso. Povero naso! – vistoso e rispettabile – se fosse stato colpito in pieno!
* Nel pomeriggio una squadriglia dei nostri velivoli bombardò con poco successo la città.
* Parimenti nel pomeriggio il convento passò un brutto quarto d’ora. Tra un gruppo di feriti c’era anche un prigioniero italiano. Si diede loro, affamati, una fetta di polenta che mangiarono con voluttà. L’ultima con un po’ di formaggio la si diede all’italiano (ferito anche lui) che s’era spinto entro il secondo chiostro. Com’è naturale, i religiosi gli facevano qualche complimento. Ma ecco che un gruppo di ufficialetti, che ciò avevano osservato dalle finestre sovrastanti, scendono e si precipitano dentro, reclamando essi pure da mangiare, protestando che si facessero differenze con quello perché era italiano, e minacciando di farci deportare tutti. La cosa poteva impiantarsi male: gente grossolana e furibonda non intende ragione. Ma alla fine coll’intervento d’un ufficiale superiore l’equivoco fu chiarito e appianato l’incidente che poteva addivenire disastroso.

15 NOVEMBRE. – Dalla sera del 14 al mezzogiorno d’oggi un violento e ininterrotto bombardamento al basso Piave e lungo la regione litoranea che si estende dalle foci della Livenza verso Venezia-Mestre.
Nella mattina si udiva nei dintorni qualche crepitio di mitragliatrici. Il popolo scambiando i desideri colle cose, pensa che il nemico retroceda. Certo che il bombardamento della notte scorsa indica una grossa battaglia impegnata: ma io sono d’avviso che se le mitragliatrici crepitano poco lontano da noi, non sia che uno spauracchio alle popolazioni, che pur mitissime trovano già insopportabile quest’esercito che le terrorizza e le spoglia di tutto.
* Ai molti delitti dell’invasore aggiungasi la requisizione forzata, operata di sorpresa, degli uomini (forse giudicati a vista soldati smessi) stimati abili al lavoro. Questa sorte è toccata anche a mio cognato A. Donadon, che non si sa neppure dove sia stato mandato.
* E’ stato costituito una specie di municipio provvisorio: Podestà (non più sindaco), G. P. Zanetti: - Consiglieri: G. Galletti, P. Momesso (già cursore), P. Basso (già capo stradino), il quale non ha accettato, ed è stato sostituito da A. Brugnerotto.
* Un ufficiale viennese che trovai in casa di P. Basso, dove libava largamente a Bacco, tra un bicchiere e l’altro parlava volentieri di tante cose. – Ciò che tutti desiderano e che l’Austria vuole a tutti i costi è la pace. Per loro passare il Tagliamento è stata una sorpresa che nessuno se l’attendeva. Ora il loro piano è di giungere al Po (è sempre vero che l’appetito viene mangiando), facendo punta sul trentino per imporre al nostro esercito una progressiva ritirata, valicare le Alpi occidentali e prendere la Francia alle spalle: e quando fosse necessario (poiché necessità non ha legge), violare la neutralità della Svizzera per far capitolare la fortezza di Verdun. Conchiuse: Non siamo né noi né voi che facciamo la guerra, ma la Germania e l’Inghilterra. Disse inoltre che una pace separata colla Russia non gli pareva lontana.
Al timore espressogli della vicina possibilità della fame, rispose negativamente, perché le terre saranno lavorate dai prigionieri che verranno mandati, e tutto sarà requisito e razionato, come già, disse, si pratica da noi. In questo modo, conchiuse, noi possiamo fare la guerra a tempo indeterminato, (qui o s’illudeva perché sentitasi il ventre strapieno, o non diceva il vero. Se l’ufficialità è sazia, ed è vero, altrettanto non può dirsi dell’esercito). “Ma, ahimè, esclamò, traendo un profondo respiro, che tutto è sconvolto e devastato: le famiglie decapitate, disperse, invase da prigionieri, e il senso della morale, anche la più elementare, sparito! Siamo addivenuti tutti bestie.” – Mirabili effetti del vino! Che cosa gli passasse per la mente, non so: ma certo quest’ultima è una bella verità che non gli contrasto.
* La chiesa è stata requisita ad uso ospedale. Il Maggiore medico dice che avrebbe voluto risparmiarla, ma i feriti che giungono dal fronte sono molti.
* Il passaggio delle truppe continua lentissimo: a gruppetti, sbandate, senza guida (le numerose tabelle poste agli sbocchi delle vie e agli incroci delle strade pare debbano bastare anche per chi non sa leggere): si fermano dove vogliono e vanno quando vogliono. – E’ questo un esercito civile, o almeno condotto in forma civile? Il nostro in una frettolosa anzi precipitosa ritirata, procedè regolare – almeno qui a Motta – e previsto tutto: - ma questo, che va dove vuole e si abbandona al delitto, in pochi giorni ha terrorizzato il paese e l’ha ridotto alla miseria. Incredibile, ma vero. Noi Francescani, alla porta dei quali tutti bussano - anche questi delinquenti in veste militare quando non trovano nulla da predare o non ne hanno il tempo – noi, dico, che oltre le quotidiane dispense alla porteria, senza altri aiuti in vista che la fiducia nella Provvidenza, assistiamo tante famiglie vergognose, già nell’abbondanza e ora prive di tutto, lo possiamo sapere. Sono appena otto giorni dalla nefasta invasione, e hanno affamato già molti: - che cosa sarà se ci resteranno otto mesi?... – Domine miserere nostri. Tu, che per sette innocenti avresti perdonato alle nefande città di Sodoma e di Gomorra, rammenti o Signore, che ben più di sette innocenti vi avranno tra noi: Domine miserere nostri.

16 NOVEMBRE. – E’ ripreso un po’ meno intenso dell’altro giorno il bombardamento sul basso Piave. La battaglia dev’essere stata molto aspra a giudicare dai feriti che affluiscono: anzi da parole sfuggite ad alcuni ufficiali, non si trascura la possibilità d’un ripiegamento sulla Livenza.

17 NOVEMBRE. – A cimitero militare è stato adibito il terreno all’angolo sud-est dell’ospedale civile. A scavare le fosse vi lavorano già i prigionieri russi!
* Il bombardamento sul basso Piave prosegue senza interruzione.

18 NOVEMBRE. – Sul basso Piave i nemici hanno trovato una forte resistenza, per molti impensata. Le perdite, a detta degli stessi ufficiali, sono gravissime, poco dissimili ad una disfatta. I feriti affluiscono in modo stragrande.
* Questa mattina ho veduto mia sorella Teresa Bottan. Faceva pietà! Le è stato condotto via il marito, sorpreso fuori di casa come tanti altri, senza che abbia potuto rientrare a salutare nessuno. In casa si è installato un piccolo Comando che avrebbe dovuto parere una specie di garanzia: ben’altro!... Hanno depredato tutto,anche due pugni di farina che essa, mia sorella, aveva mendicato dirò così, in una famiglia vicinante per isfamare i figlioletti. Quindi uno di quei malviventi si gettò su di essa: sfuggitale, agguantò una fanciulla, che a mala pena gli fu strappata a viva forza. Allora puntò l’arma contro tutta la famiglia radunata in una stanza: alla fine intervenne un terzo, meno peggiore degli altri, e fu evitato un massacro.
Un fatto brutale simile è accaduto la notte scorsa nella famiglia di Velo (Polidoro), confinante colla campagna di mio padre presso l’argine del Monticano, con questo di più che il furfante fece uso delle armi: ma il colpo andò a vuoto.
Ho letto la storia delle invasioni dei barbari in Italia (terra classica per questo riguardo): ma era pallida l’idea che mi facevo delle devastazioni e dei delitti che commettevano. Solo ora posso formarmi un’idea approssimativamente vera, paragonando ciò che commette impunito l’esercito d’una nazione civile, con quanto deve aver compiuto un esercito barbaresco di tanti secoli fa, ma della stessa razza.
* Persone in grado di sapere le cose ci hanno esortato a nascondere quanto la chiesa ha di meglio. Tutto ciò che è prezioso o di metallo sarà indubbiamente depredato, e presto, ci dissero, a cominciare dalle campane; - che, senza dubbio, non si possono nascondere.

19 NOVEMBRE. – Un violento bombardamento, cominciato iersera sul basso Piave, è terminato stamane ad ora tarda.
* Le autorità militari si sono date tosto premura di ripescare il frumento dai nostri gettato nella Livenza e di rimettere a galla alcune barche affondate.
* I delitti di furto e di tentato omicidio, di violazione di domicilio, di rapina a mano armata, di tentato ratto e di tentata violenza alle donne parimenti a mano armata, ormai sono si frequenti e generalizzati che non giova più tener conto dei singoli casi. Chi per innato soverchio ottimismo era ai primi giorni tentato di attribuire a tali fatti un carattere personale, ora si deve ricredere. Per quanto si voglia essere buoni anche coi cattivi, pare manifesto che tutto è autorizzato, od almeno largamente tollerato dal Comando, e, senza dubbio alcuno, costantemente impunito.
* A sera avanzata sono state tolte di capo alla sacra immagine della Madonna e del Bambino le due corone d’oro, dono votivo preziosissimo della città. In mancanza di meglio sono state poste, una dentro l’altra, in un vaso da tonno, e cautamente sepolte profonde sotto la finestra grande della cucina. E’ stato un atto doloroso e ripugnante, ma alla fine imposto dalla necessità per sottrarre alla rapacità degl’invasori preda sì ghiotta.

20 NOVEMBRE. – In sulla sera: Tunf…: niente paura…; è forse una bomba di aeroplano che è caduta nel paese? – La cosa è presto chiarita. – E’ stata semplicemente una bomba a mano che sul viale della Madonna, soldati avvinazzati e ribelli lanciarono contro i loro superiori. Vi ebbero alcuni feriti, tra i quali due ufficiali.
* Nella notte ha ripreso sul basso Piave il bombardamento, che la mattina divenne sì intenso da potersi fare un’idea oggettiva di quello che chiamano “fuoco tambureggiante”, tante volte menzionato dai giornali, ma udito mai.

21 NOVEMBRE. – Il bombardamento al basso Piave continua intenso. Buon augurio; segno che la concordata offensiva sul Trentino non è ancora riuscita.
* Sul mezzogiorno un ufficiale con un seguito di sette individui è venuto un’altra volta in convento a vedere e a prender nota dei quadri di valore. Insisteva molto su quelli della chiesa, che ho procurato di svalutare, facendo notare che quello che era buono è stato asportato dal Comando Italiano. Alla fine in chiesa non entrò (vi era del resto già stato un’altra volta), ma in convento si dovette lasciar passare dove volle.
Tipo ributtante, questo sedicente amatore dell’arte, coadiuvato da degni compagni: le sue insistenze, intese a far credere che altro non voleva che mettere al sicuro i monumenti, erano un tessuto d’inganno e di menzogna: si capiva che s’era in faccia ad un ladro esperto e legale. C’è stato chi anche espresse qualche riserva su questa vernice di legalità: ma non si potè fare seria opposizione. Da certi quadri che notò si capì che non era molto perito. Si congedò dicendo che alle due pom. Sarebbe venuto a fare il… protocollo! Venne con altri, e “ requisì”, cioè rubò guerrescamente tre quadri rilasciando dichiarazione: Uno grande, di notevole valore artistico, dipinto su tavola, rappresentante la Deposizione dalla Croce, e due più piccoli, in tela, rappresentanti uno l’adorazione dei Magi, l’altro una Madonna greca, deturpata da mano grossolana.
Miserabili! Se trofei migliori non recheranno a Vienna, ben magra sarà la fama che tramanderanno ai posteri!
Coi tre suddetti quadri si portarono via anche altri dipinti rubati altrove e depositati già in convento.

22 NOVEMBRE. – Durante la notte sino a mattina avanzata un intenso bombardamento sul basso Piave e lungo il litorale.
* Nei giorni scorsi più d’una volta è stato discusso del come e dove nascondere i candelieri della chiesa, quarantasei, tutti in ottone massiccio – materiale magnifico. Ma dove trovare un luogo sicuro? Alla fine prevalse l’idea di seppellirli nel campo retrostante la casa di mio padre, e sopra, seminarvi il grano. Cosa che preparata la sera precedente con tutte le possibili cautele, è stata compiuta , insieme all’aratura, stamane di buon mattino, avendo cura che all’apparire della luce l’operazione fosse terminata.
* Tutta la mattina la spesi inutilmente con mia sorella Caterina Donadòn per vedere di venire a capo del come si possa giungere a liberare suo marito sorpreso e condotto via per lavori non si sa dove. Allo steso scopo spesi parte del pomeriggio, accompagnato dal feld-kurat (cappellano) d' una Divisione qui stanziale, sacerdote cortese, caritatevole e di coscienza. Dal generale della Divisone, dimorante in Riviera, palazzo Panciotto, siamo mandati al Comando del Corpo (Corpo VII) in villa Ancilotto (Villanova), di là al Comando di Tappa. In piazza il tenente colonnello ci ferma; era proprio lui il comandante di Tappa, il quale con poche parole ci indicò il modo di fare la pratica . Poi con un cenno imperioso ci fa salire sulla sua (! ! !) carrozza tirata da una splendida pariglia. Al Duomo interroga il Parroco se ha avuto furti, e quanto oro e argento la chiesa possiede. Dietro un altro cenno si risale e ci si avvia al Convento. Scesi su1 piazzale della basilica, la prima cosa è stata un' aspra riprensione ai soldati dell' ospedale (808) che spaccavano la legna nell'atrio). Entrati nel primo chiostro, con un largo respiro di soddisfazione: "Siamo in un convento italiano ! ... , , : poi senza frappor tempo, un' altra riprensione ad un soldato incontrato a caso per i rifiuti gettati nel giardino che fu immediatamente ripulito.
Come dal parroco, volle sapere se vi sono stati dei furti !!!... Gli furono mostrati i "buoni ,, che nella maggior parte trovò eleganti truffe, come truffa è stata 1' asportazione dei quadri, di cui al giorno 21 .
Queste ed altre erano e sono truffe, come la parte ch' ei faceva era una commedia.
- E allora che cosa s' ha da fare ?
- Bisogna che cerchino g1i autori.
Senza commenti. Ma il suo scopo era altro.
- Quanto oro argento ha la chiesa ?
Come accade quando sono in molti a parlare , chi disse quattro calici di argento, chi sei, chi più, chi meno. Egli intanto, ascoltava e beveva. Alla fine in cappellano disse: Basta accusarne quattro: ed egli scrive: Quattro. – La stessa farsetta si ripeté circa il valore dei medesimi. “Lire 150 l’uno, disse il cappellano: ed egli scrive : Centocinquanta, e…beve. – “Ergo bibamus,, , conchiudeva tra una parte e l’altra della commedia.
Non posso non prender nota di questa figura tipica di soldato. Al primo incontro col P. Guardiano, il saluto con tanto di inchino fu. “Laudetur Iesus Christus,, : il congedo: “Ergo bibamus,, e così se n’andò. – Greco cattolico della Galizia, come si qualificò: uomo dedito al vino: Rude come il ferro all’aspetto e al tratto: discreto nelle forme: ricco di buon cuore. Mettete assieme queste qualità e questi difetti, se vi riesce, e avrete tutt' intero il Tenente Colonnello di Tappa, il Sign. Karanza.
*Al furibondo cannoneggiamento dei giorni scorsi è succeduto un silenzio sepolcrale. - Che cosa sarà mai accaduto. Forse i nostri si ritirano ? - Notizie austriache
recano che i germanici fanno forte pressione a Vidor e al Montello.
* A notte avanzata l’uomo del convento - vecchio domestico fedele e affezionato, A. Ciganotto - senza tanto attendere il risultato di lunghe e inutili discussioni, cala silenziosamente nel pozzo dietro la biblioteca i rami migliori della cucina. Optime : è un pozzo fuori d' uso e fuor di mano per tutti.

23 NOVEMBRE. - Nella notte e nella mattinata debole risveglio delle artiglierie al basso Piave : ma invece rombi profondi e alquanto radi.
* Da oggi gli ufficiali dell ospedale (808) stabiliscono la loro mensa in convento e precisamente ne1 nostro refettorio. In compenso vogliono che si faccia mensa comune, dietro una certa somministrazione di alcuni generi da parte nostra. Capo cucina è una donna di Lubiana che parla discretamente l’ italiano. Ritengo che dalla fondazione del convento questa sia la prima volta che una donna fa la cucina per i Religiosi. Anche nell' orto le serve dell' ospedale scorrazzano liberamente.
* Tutto calcolato, sì dal lato economico come da quello della sicurezza locale e personale, che l' ufficialità medica pratichi in convento per noi è un vantaggio e una garanzia contro tanti malviventi dell' esercito invasore. Il Maggiore Dott. Edoardo Wagner, è una degna persona dai modi squisiti, cui si legge in volto la bontà di un padre. E’ di religione cattolico e di nazione boemo, militare di carriera, e parla eccellentemente l'italiano.I ' G1i altri in maggioranza sono boemi, tutti gente compita e signorile. è uno strano e sgradevole contrasto col resto dell'' esercito. - A questi si sono uniti gli ufficiali dell' ospedale 807, che è qui in attesa di disposizioni.
* Ci dispiace, dissero, darvi delle noie : ma sarà cosa d' un mese : poi passeremo a Treviso.
In conversazione post coenam si raccoglie che gli imperi centrali si accingono a combattere con vigore estremo perchè hanno estremo bisogno della pace. La miseria e la fame in Austria sono grandi, quantunque non eguali in tutte le province. Per esplicita non ricercata confessione, recherò un saggio dei prezzi di Vienna : Un chilo di lardo, cor. 25: un chilo di strutto cor. 30 e chi vuole averlo a certi prezzi dev' essere munito di “buone raccomandazioni ,, .
Un chilo di caffè, chi lo puè avere per caso eccezionale, cor. 120. Un metro di stoffa, cor. 50. Un rocchetto di filo, cor. 27. Non dico del pane, perchè Io vedo io stesso qual’ è : nero come la cioccolata, e che non mi è possibile mangiare.
La Loro grande speranza - sempre dalla medesima conversazione - è riposta in una sconfitta dell' Italia, tale che Ia conduca alla rivoluzione, alla repubblica, e quindi alla pace separata.
- Pensa lei, mi fu chiesto da uno, che ciò possa avvenire ?
- Francamente, no, dissi, non lo credo. - Ed egli ne ' rimase turbato come uomo che si sente scosso nelle più vive speranze.

24 NOVEMBRE. - I giorni e le notti, come tutte le famiglie di campagna anche la mia le debbono passare in continua apprensione per tema di essere sorpresi da drappelli di predoni in veste militare. Quest' Oggi la cosa ha raggiunto il colmo. Più volte si è ricorso per intervento ai gendarmi ! inutilmente : si ricorse pure inutilmente al ... comando di Tappa. Alla fine sulla sera, dôpo una giornata intollerabile, mi rivolsi ... all' ospedale per cacciare di casa una masnada di avvinazzati e di violenti. Venne subito un ufficiale, che compito il suo dovere, se ne ritornava meco protestando : '' Questo è uno scandalo, una vergogna per l’ Austria : Sono bande ... ,, - Mi rilasciò anche un foglio, certo di valore molto relativo, con cui si proibisce di dare o vendere vino ai soldati. E’ stato questo un atto di mera cortesia ma che ha conseguito lo scopo. Chi non capisce il valore dell' atto scuote la testa e se ne va : chi capisce, brontola e se va egualmente.
* Passaggio di artiglieria pesante da 240, che gIi austriaci chiamano da 24. Pare si prepari una grossa battaglia sul basso Piave. - Sul resto del fronte sembra trovino molta resistenza.
Notizia, non ufficiale, parla di pace separata colla Russia, notizia che rende loquaci un po' più de1 solito questi ufficiali della sanità. e qualcuno (un croato da Metcovich, individuo alquanto ostico) anche minaccioso contro l’ Italia e le altre potenze dell' Intesa.

25 NOVEMBRE. - Miserando spettacolo cui assistemmo oggi ! Sono carri e carri trascinati da vacche che attendono ore ed ore per poter transitare per Motta. Sono gli abitanti dei paesi della Piave fatti sgombrare perchè sotto il tiro delle artiglierie. Poverini ! vecchi cadenti, bambini, donne che fanno la maggior parte della strada fangosa a piedi, stanchi, affamati : - dove andranno ? senza pane, senza tetto dove passeranno questa notte burrascosa di pioggia e di vento ? - Pregate, dice il vangelo proprio di oggi, che la vostra fuga n0n avvenga in. inverno.
* L'artiglieria al basso Piave oggi ha ripreso con un crescendo sempre maggiore. A notte avanzata, rombi profondi sì forti, che ne tremavano le finestre e le porte non solo ma persino le mobiglie e i muri.
* E' stato pubblicato il listino dei prezzi per i generi alimentari. - Ironia ! ... Per quali generi alimentari dopo tanto saccheggio, dopo tanta distruzione ? - Ma che non sia questo un espediente per iscoprire se ve n' abbiano di nascosti ? - I prezzi non sono certo un allettativo ; ma quando si consideri quanto povera è la mentalità di questa gente, ogni supposizione è lecita.
Ora si fanno prezzi irrisori per la nostra supposta merce, che non esiste : poi se ci recheranno la loro - ce n' avranno ? - ce la venderanno quam plurimo.

26 NOVEMBRE. - Nel pomeriggio è tornato quel gruppo di ladri eleganti in veste militare, che vanno rapinando oggetti artistici. Hanno scorrazzato e frugato in tutto il convento come in casa abbandonata. Hanno portate via il quadro, pregevole, che era in refettorio, rappresentante S. Francesco di Giotto (copia). Si sono presi anche un altro quadro rappresentante la Madonna, dipinto su lastra di marmo: lavoro recente e di ben poco valore. Genii, questi ostrogoti ! - Che non abbiano alla fine a trovare artistici e a rubarci anche certi vasi... ad uso privatissimo ? - Verrà il giorno in cui ci serviremo nei... loro elmi! Mentre rilasciavano carta del furto che perpetravano furono sorpresi dal Maggiore medico, il quale espresse un dubbio sulla legittimità dell' atto : - ma chi osa opporsi in momenti sì pericolosi ?
* Per liberare Ia famiglia dalle noie e dalle minaccie interminabili di tanti furfanti, di cui pare ricco l' esercito austriaco, ho procurato che il vino venisse dichiarato riservato ai bisogni dell' ospedale : ciò che per atto di mera cortesia il Maggiore ha fatto.
* Si fanno sfilare i soldati in marcia anche per le campagne. Queste popolazioni per indole buone e pacifiche, non hanno bisogno di simili dimostrazioni per istare tranquille. Hanno bisogno invece che si metta fine agli eccessi delle truppe. Ma. come pare, la moralità austriaca è tanto povera e la mentalità tanto meschina ! ...
* In quella mezz' ora che mi trovavo dai miei zii a S. Giovanni, ecco, con nostra sorpresa, di ritorno due miei cugini già dai primi giorni deportati per lavori. Uno fu mandato a Gorizia, l' altro, a piedi ben' inteso, sino a ... Lubiana. Grandi sono state le sofferenze, specialmente la fame e i maltrattamenti subiti. Da quanto narrano - e da quanto qualche ufficiale italofobo si lascia sfuggire di bocca - non vi dovrebbe essere nulla di esagerato in ciò che i giornali hanno pubblicato sui maltrattamenti fatti alla popolazione civile nel Belgio e nella Francia ; anzi posto che gli austriaci siano meno inumani dei tedeschi, quanto è stato scritto in argomento sarebbe inferiore alla verità.
* Continuo passaggio di artiglieria e munizioni per il fronte.
L'artiglieria in sulla sera e durante la notte ha tuonato molto. Frequenti e fortissime pressioni d' aria : caratteristica dei grossi mortai.
Hanno fatto la loro comparsa tre velivoli italiani in ispezione, i quali furono inutilmente cannoneggiati.

28 NOVEMBRE. - Il P. Guardiano ha presentato supplica al Comando supremo per salvare almeno le campane, che, come si assicura, saranno certamente asportate. - Tempo perso e fatica sprecata, ci disse uno che poteva saperlo : Non è affare del Comando supremo, ma è il Governo stesso che ordina simili furti sacrileghi : E’ affare bancario giudaico. - Poveri Governi ! Il nostro è monopolio della massoneria, quello dell' Austria è un feudo giudaico. - Chi sta meglio ?

29 NOVEMBRE. - Di buon mattino sono arrivati da Codròipo i due miei cognati A. Donadon e D. Bottàn con molti altri già deportati per lavori. Non si sa il perchè, ma sono stati rilasciati tutti.
* Ero dall' Arciprete quando verso il tramonto si presentarono due soldati. Uno era capitano, se non erro, il quale senza altri preamboli mi rivolse in buon italiano la domanda : “Mi sanno dire dove si possono trovare nascosti oggetti preziosi e capi d’ arte ? - ,, Intanto mise fuori una lunga lista di nomi e di case ricche della città e dei dintorni.
Irritato per la sostanza e per la forma: - No, risposi secco, non sappiamo nulla.
Eppure, insistette villanamente, voialtri frati dovreste saperlo, perchè avete libero accesso dovunque e godete la fiducia di tutti.
Uscii un po’ dai gangheri a modi siffatti. - Le torno a dire che non sappiamo nulla : e che s' inganna molto pensandoci capaci di tradire la fiducia che fosse stata in noi riposta.
Se n' andò come un cane frustato.
* I discorsi di tutti i giorni con questi ufficiali , per quanto comincino svariati, ricadono sempre sul medesimo tema, che ormai diventa noioso : Una pace vicina. Voglio notato questo fatto di per se stesso insignificante, perchè indice dello stato d’animo loro, agitati, ossessi dal pensiero, dal desiderio, dalla brama d' una cosa di cui hanno imperioso bisogno, e che, sia pure per illusione, vorrebbero persuadersi vicina. Esprimere l' idea, come m' è toccato senza tanto rifletterci che la guerra possa durare ancora uno o più annidipinge loro sul volto un senso profondo e intelligibilissimo di dolore indicibile, di costernazione.
Qualunque possa essere il desiderio, con tutta la prospettiva della fame non lontana anche per noi affermo di nuovo che la pace non la reputo vicina. E’ da quasi un mese che non leggo un giornale, e non me ne dolgo ; non so più nulla di quanto accade nel mondo : ma a giudicare dalla psicologia nostra e delle Potenze dell’ Intesa, a giudicare dal passato, per quanto grande possa essere la sconfitta che g1i imperi centrali si accingono ad infliggere all’ Italia, la pace non la ritengo vicina. Eppure è proprio , questo che si ripromettono : imporre colle armi la pace, e presto. - Pace dopo una sconfitta ? - inflitta da potenze spinte alla disperazione dalla fame ? - Il futuro deciderà e dell' onore e della fame.

30 NOVEMBRE. - Tutta la notte scorsa e durante tutto il giorno, un intenso bombardamento al basso Piave, bombardamento che in certi momenti toccò la violenza.
 

 


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